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SANTA CHIARA di Montefalco http://www.teamax.it/FORUM/viewtopic.php?f=7&t=1807 |
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Autore: | BANO69 [ martedì 22 marzo 2011, 7:18 ] |
Oggetto del messaggio: | SANTA CHIARA di Montefalco |
mentre si passeggiava per Ladispoli Manuela e' stata attratta da un libro che narrava la storia di Santa Chiara e non sapendole rispondere con dettagli accontento la sua curiosita' e magari anche di altri copio e incollo la sua biografia Nasce da Damiano e Iacopa in una zona vicina al "Castellare" in prossimità della chiesa di San Giovanni Battista (concessa nel 1275 dal Comune agli agostiniani e da questi ricostruita e dedicata a sant'Agostino) a Montefalco, una piccola cittadina umbra che domina la valle spoletana. Chiara ha una sorella e un fratello maggiori, Giovanna e Francesco. Giovanna fonda, con l'aiuto economico del padre, il reclusorio di san Leonardo, di cui diventa la prima rettrice; le donne lì si ritirano vivendo rinchiuse e pregando, ispirandosi alla regola (ancora non pienamente riconosciuta al tempo) di Francesco d'Assisi. La piccola Chiara resta segnata dal modello che la famiglia le propone e, all'età di sei anni, entra nel "reclusorio" di Giovanna intitolato a San Leonardo, dove trascorre i successivi sette anni. [modifica] Il monasteroCresciuta la comunità, Giovanna e le donne del reclusorio si trasferiscono sul Colle di Santa Caterina del Bottaccio, non lontano dal luogo più antico, in un edificio ancora incompleto. Ma il nuovo insediamento, che sottintende la costruzione di un vero e proprio monastero, non viene accolto pacificamente in città. Affiancandosi ad altri tre monasteri più antichi, uno francescano, uno agostiniano e un altro benedettino, il reclusorio di Giovanna viene ritenuto dannoso per Montefalco, perché si va ad aggiungere alle altre comunità che già vivevano di elemosina, e quindi si tenta di convincere le donne a desistere dai loro progetti. Nel 1290 Giovanna chiede al Vescovo di Spoleto di facilitare l'istituzionalizzazione della comunità, in seguito a cui verrà introdotta la regola di sant'Agostino, la quale, al contrario di quella francescana, era pienamente riconosciuta. Con il nuovo monastero della Santa Croce e di Santa Caterina d'Alessandria, vengono a fondersi i due momenti della storia di queste donne: quello della vocazione eremitica, rappresentato dall'esperienza del reclusorio, con l'altro della regola monastica; Giovanna ne diventa badessa, rimanendo l'insediamento sotto la diretta giurisdizione del Vescovo. Chiara cresce seguendo le sorti di questo luogo; soltanto in occasione della grande carestia del 1283, insieme a un'altra compagna, esce dal reclusorio per la questua, ma dopo otto uscite le viene impedito di continuare; da questo momento, fino alla morte, rimane isolata in clausura. [modifica] Da Giovanna a ChiaraDopo la morte di Giovanna la sorella, nonostante la giovane età (23 anni), ne prende il posto. Chiara fu per le sue suore "madre, maestra e direttrice spirituale". Non lascia scritti eppure, nonostante che la sua vita si dipani nella stretta osservanza della regola monastica, riesce a mantenere un dialogo con il mondo fuori dal monastero. Personaggi illustri come i cardinali Giacomo e Pietro Colonna, Napoleone Orsini, il francescano Ubertino da Casale e tanti altri si rivolgono a Chiara per consigli in materia spirituale. Le sue parole sono descritte come "un fuoco, da cui venivano illuminate, consolate ed accese le menti di tutti coloro che l'ascoltavano". Sapeva dunque parlare non solo alla gente comune, attirata dalla sua fama taumaturgica, ma anche a personaggi illustri, che ne ammiravano le virtù oratorie, considerate profetiche, e la sua intelligenza. Nel 1307 Bentivegna da Gubbio, a capo del movimento dello "Spirito di Libertà", separatosi dai Fratelli del Libero Spirito, tenta di convincere Chiara ad unirsi al suo movimento spirituale, ma dopo una serie di discussioni e confronti, Chiara lo rinnega e infine lo denuncia come eretico alle autorità clericali. Nel 1303 promuove l'ampliamento del monastero e la costruzione della chiesa di Santa Croce con l'approvazione del Vescovo di Spoleto che invia la prima pietra benedetta. È qui che, dopo cinque anni, nel 1308, Chiara, ormai ammalata, vuole essere trasportata per poi morirvi e trovarvi sepoltura. [modifica] Le reliquieDopo la sua morte il Comune di Montefalco sentì l'esigenza di certificare l'esemplarità della vita di Chiara in un documento con le testimonianze di chi le fu più vicino. Con questo intento il suo corpo venne aperto alla ricerca di segni prodigiosi che potessero testimoniare quell'esemplarità che aveva espresso per tutta la vita. Si tramanda, tra i credenti, che nel suo cuore si trovavano un crociffisso e un flagello, e nella cistifellea tre globi, di eguale misura, peso e colore, disposti a forma di triangolo, interpretati come il simbolo della Trinità, il che venne considerato come il segno cercato. La chiesa attuale del monastero di santa Chiara da Montefalco (ricostruita tra il 1615 e il 1643) conserva il corpo della Santa dentro un'urna d'argento massiccio. Ai lati, entro due nicchie aperte nel 1718, si conservano come reliquie di Chiara i segni rinvenuti durante l'autopsia. L'oggetto più suggestivo è probabilmente il busto reliquiario d'argento che la raffigura e contiene i resti del suo cuore; nell'altra nicchia si trova la croce reliquiario, contenente i tre globi di uguale grandezza che i devoti credono provenienti dalla cistifellea, e il crocifisso e il flagello, che secondo i devoti conservava nel cuore. Con la morte di Giovanni XXII (1334) il processo di canonizzazione di Chiara non ebbe seguito. Verrà ripreso soltanto nel XIX secolo per iniziativa di Pio IX e sarà proclamata Santa da Leone XIII nel 1881. |
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